L’incapacità a testimoniare deve essere eccepita tempestivamente dalla parte e non è rilevabile d’ufficio. L’incapacità resta inoltre distinta dalla valutazione dell’attendibilità del teste, attenendo esse a profili del tutto diversi.
Infatti, la capacità a testimoniare, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., riguarda l’esistenza di un interesse giuridicamente qualificato alla partecipazione al giudizio, diverso dal mero interesse di fatto al suo esito. Tale incapacità a testimoniare non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere tempestivamente eccepita dalla parte interessata. In mancanza di tempestiva eccezione, la questione si considera definitivamente preclusa e la prova assunta non può essere dichiarata nulla successivamente. Sussiste dunque una netta distinzione tra il profilo oggettivo della capacità a testimoniare (che dipende dall’interesse giuridico) e quello soggettivo dell’attendibilità della deposizione, che invece attiene al contenuto della testimonianza e alla valutazione discrezionale del giudice. In altre parole, il fatto che un testimone sia parente, amico o abbia un interesse di fatto non comporta, di per sé, incapacità a testimoniare, ma potrà al più influire sull’attendibilità della sua deposizione, che sarà oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice di merito.
Cass. civ., sez. III, ord. 9 settembre 2025, n. 24867 (Responsabilità civile da circolazione stradale)
Fonte: La Redazione di Diritto e Giustizia, De Jure